Recensione del concerto di Paganini a Verona

Giovanni andea zanon

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Zanon rilegge Paganini con virtuosismo e originalità

Ultimo concerto della rassegna “Viaggio in Italia” al Filarmonico con la partecipazione del giovane violinista Giovanni Andrea Zanon e il debutto sul podio veronese del maestro Michelangelo Mazza, alle prese con pagine di Paganini, Cherubini e Rossini. Un appuntamento che ci ha fatto piacevolmente constatare come Giovanni Andrea Zanon, giovane emergente del violinismo veneto, abbia fatto passi di gigante da quando lo avevamo ascoltato tre/quattro anni fa. Indubbiamente il tirocinio americano con il grande Pinchas Zukerman e gli ultimi con Antje Weithaas a Berlino e Sonig Tchakerian a Roma, lo hanno ben forgiato, facendogli conquistare una maturazione che lo sta ponendo in evidenza nel panorama del concertismo internazionale. Zanon è oggi un virtuoso di altissimo livello che l’altra sera affrontando il Primo Concerto di Paganini ha mostrato una condotta assolutamente encomiabile e ineccepibile. Suono possente e appassionato, bella musicalità e tecnica di ottima qualità (anche nel bis con Bach), ma pure capacità di conciliare ardore e delicatezza, sono state le caratteristiche che hanno contraddistinto la sua esibizione veronese. Il Concerto paganiniano ne ha illustrato il virtuosismo e la personalità interpretativa nella disinvoltura dell’approccio tecnico, notevolissima a tacere del resto durante la difficile cadenza di Suaret riveduta da Accardo, ma anche nell’eleganza dei cantabili riconducibili alla matrice del bel canto rossiniano. Michelangelo Mazza alla guida dell’orchestra areniana lo ha assecondato con bravura, affrontando poi la poco eseguita Sinfonia in re maggiore di Cherubini. L’unica sinfonia del maestro fiorentino che resta un’opera degna di essere ascoltata nella veste originale, particolarmente ricca di quel pathos lirico che Cherubini seppe profondere soprattutto nelle migliori opere teatrali e religiose. Mazza ne ha evidenziato soprattutto il carattere piuttosto tenue e l’ispirazione ricca di slancio, volentieri mantenuta in una struttura quasi cameristica. Vi si risente netta l’influenza del classicismo viennese, ma anche una certa cantabilità tipicamente italiana, ben controllata e guidata da un severo gusto, proprio come lo voleva Cherubini. Ottimamente delineata è parsa la conclusiva Ouverture dal Guglielmo Tell di Rossini col suo Andante dalla suadente melodia affidata all’oboe e dalla seguente squillante fanfara che introduce la parte finale con un Allegro vivace. Un finale dagli effetti travolgenti e irresistibili, che Mazza ha fornito del necessario, ma controllato impeto, con i fiati areniani intenti a prodursi in una travolgente galoppata caratterizzata dall’insistente ritmo dattilico e da andamenti di moto perpetuo dei violini. Vivo successo.

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