Intervista del Corriere della Sera

Giovanni Andrea Zanon - Violinist

Giovanni Andrea Zanon: «A due anni suonavo il violino. Se imparavo mi regalavano una gallina»

Ha appena compiuto 18 anni ma ha cominciato a desiderare di suonare che era ancora sul seggiolone. Finora ha vinto 30 concorsi: così è la vita prodigiosa di un piccolo genio.

di Maria Luisa Agnese

Del violino si è innamorato a un anno e mezzo quando dal seggiolone vedeva suonare la sorella di tre anni più grande, strumentista precoce pure lei. Così a due anni il piccolo Giovanni aveva già il suo mini violino, fattogli costruire apposta dal padre, da un liutaio di Padova. «Per un bambino così piccolo ci vuole uno strumento su misura, con una cassa grande un terzo di quelli normali e quindi accuratamente ripensato nei rapporti. Il mio era grande come il palmo di una mano» racconta oggi Giovanni Andrea Zanon, 18 anni compiuti a febbraio. Da allora per lui, talento assoluto di violinista, intercettato precocemente da campioni come Zubin Mehta, Paolo Gavazzeni e Pichas Zuckerman che ne sono diventati i mentori e i paladini, la vita è stata solo musica. Il solito papà, suo primo talent scout, visto che non è facile far capire a un bambino così piccolo la disciplina in generale e quella musicale in particolare, aveva sviluppato un personale e creativo metodo pedagogico, degno di una vera mamma tigre. «Visto che la nostra famigliola viveva in campagna a Castelfranco veneto e che fra tutti gli animali le galline erano quelle cha amavo di più, papà mi dava ogni settimana un bigliettino con alcune note musicali. E su quelle dovevo esercitarmi» racconta Giovanni. Se il tirocinio settimanale andava a buon fine, il premio per il micro Paganini era una nuova gallina: «Ci sono stati alcuni momenti in cui nel mio pollaio ne giravano anche 96 di galline. Poi, quando poco dopo la mia famiglia si trasferì in città, per me fu un trauma scoprire che in quei nostri pasti serali a base di carne di pollo erano finiti in realtà proprio i miei amati amici piumati».shadow carousel

Il Conservatorio a 4 anni

Dopo questo precoce apprendistato alla disciplina, succede che a neppure quattro anni Giovanni entra al Conservatorio, e viene accompagnato a lezione in passeggino dalla mamma. «Ma una volta il bidello la prende da parte e le dice: “Signora io capisco che lei non sappia dove lasciare suo figlio quando fa lezione, ma questa non può diventare un’abitudine”» racconta Giovanni divertito. Non è stato facile spiegare che l’alunna non era lei, ma suo figlio. L’imbarazzo comunque durò poco perché a 13 anni Giovanni era già fuori dal Conservatorio e ha cominciato a suonare nei migliori teatri del mondo, raccogliendo premi e riconoscimenti.

Ammalato in vacanza

Giovanni è bello, con un certo non so che di dolcemente maledetto, con fidanzata bella come lui al seguito, una giovane liceale del suo paese, che contribuisce a fare della coppia un trailer per la Grande bellezza italica. E se gli chiedi se si è perso qualcosa rispetto ai suoi compagni in questa sua giovane vita dedicata a una passione primaria, non fa il piagnisteo ma risponde con composta consapevolezza: «Certo, i miei amici uscivano e andavano in vacanza e io no. Ma la musica è la mia vita e credo di essere stato fortunato a scoprire così presto la mia vocazione. Tanto più che la prima volta che sono andato in vacanza al mare dopo otto anni, quattro giorni in Sardegna quest’estate, mi sono subito ammalato, influenza più allergia al sole. Un disastro di proporzioni fantozziane, con me febbricitante e coperto di creme, e pensare che perdipiù ero ospite dei genitori della mia ragazza». Da talento puro qual è, Giovanni sa anche che gli anni della sua privazione e sofferenza, i lunghi periodi di solitudine, gli sono serviti parecchio per dare spessore alla sua tecnica.

Solitudine a New York

A 15 anni su consiglio del maestro Zubin Mehta è arrivato a New York per studiare alla Manhattan School of Music con Pinchas Zukerman, musicista israeliano di origine polacca, eccellenza del violino contemporaneo con cui è privilegio studiare per i talenti di tutto il mondo. «Ricordo che sono sceso dalla metro da solo, sotto una specie di diluvio, con la valigia e il violino tutti bagnati. Non è stato facile, in fin dei conti ero proprio giovane. Per la nostalgia piangevo, ma so che è servito: magari sono momenti brutti da vivere, perché non sai con chi parlare e con chi discutere; ma impari a stare da solo, e stare da solo ti fa riflettere molto, e ti fa crescere più in fretta. In quel periodo — continua Giovanni —mi hanno aiutato molto padre Paolo, la mia guida spirituale, con cui parlavo a lungo al telefono, e la famiglia torinese del ristorante italiano poco distante dalla scuola, la Bettolona, che son diventati la mia seconda famiglia, mi hanno adottato e hanno alleviato la mia solitudine» perché, se come lui dice gli anni di studio matto e disperatissimo lo hanno aiutato a diventare adulto, lui resta anche un ragazzo simpatico a cui piace stare in compagnia. Lo si vede da come sta a suo agio in pubblico, quando durante le sue performance da solista, si racconta e racconta delle sue galline, fra una sonata e l’altra. «Il talento è fatto anche di questo, di saper stare a proprio agio su un palco, di riuscire ad avere empatia con il pubblico, io per esempio mi trovo meglio a parlare su un palco che al ristorante. E spesso suono meglio sul palco che alle prove».

Quattro allievi nel mondo

Pinchas Zukerman, il suo maestro supervisore, in questo momento segue solo quattro giovani studenti nel mondo, e Giovanni è l’unico italiano. Non teme la concorrenza dei grandi rivali asiatici, dedicati allo studio e alla tecnica con la maniacalità di cui ben sappiamo, grazie anche alle famose mamme tigri? Giovanni, con la solita precoce consapevolezza, tende a smontare la loro pericolosità: «Sì è vero, sono ossessionati dalla tecnica. Ma per suonare ci vuole anima. E per avere anima bisogna aver sofferto» dice, forse pensando ai suoi anni newyorchesi.